28 Giugno 2011 Sonia Milan

I dati sono la risposta, ma qual è la domanda?

Diverse persone con le quali mi è capitato di conversare di recente mi hanno evidenziato che il termine ‘PR’ manca di un suo corrispettivo nell’era digitale. A mio avviso il problema non sta tanto nel nome quanto nel bagaglio che porta con sé.
Un ragionamento di questo tipo, naturalmente, apre il classico vaso di Pandora: come misurare le relazioni sociali online? Come si fa a sapere se si è realmente bravi a mantenere i rapporti con il pubblico e, soprattutto, come si fa a dimostrare la propria capacità ai clienti e a fatturare di conseguenza?

Le soluzioni software/web di monitoraggio sembrano, al momento, essere la risposta – tutti i giorni ne appare una nuova sul mercato. Ma c’è il concreto pericolo che l’abbondanza di soluzioni ora disponibili possa confondere ancora di più la materia, almeno nel breve periodo. Attualmente il vero problema consiste nel fatto che non si è ancora in grado di “misurare le conversazioni” mentre si è sostanzialmente concordi sui parametri da usare per studiare la materia.

L’impegno profuso dalle aziende nella propria produzione sembra essere il concetto che le aziende desiderano maggiormente comunicare all’esterno, soprattutto grazie alla comunicazione online; ma ciò che è significativo per una persona può essere priva di senso per un’altra. Alcuni sostengono che le aziende dovrebbero focalizzarsi sul proprio piano industriale, ottenere il prodotto giusto, produrre il giusto contenuto. Teorie corrette che non risolvono, però, il problema di come le PR possano dimostrare il valore del proprio lavoro ai clienti.

Il monitoraggio del “sentiment” è un’opzione che caratterizza la maggior parte delle soluzioni di monitoraggio; alcuni usano gli esseri umani per misurare il sentiment, altri utilizzano algoritmi. Quindi, partiamo immediatamente con una profonda disparità. Successivamente le analisi del “sentiment” vengono raccolte dagli esperti del settore e utilizzate assieme ad una serie di altri indicatori KPI (Key Performance Indicators) online. La verità è che i professionisti più esperti potrebbero trovare un KPI apposito per dimostrare il loro punto, qualunque cosa quel punto possa indicare in quel particolare momento.

I dati delle interazioni online possono costruire un quadro efficace delle preferenze dei consumatori, ma l’enorme volume di dati permette con troppa facilità di scegliere le metriche che ci permettono di ottenere le risposte che vogliamo avere. Più velocemente, quindi, verrà raggiunto uno standard industriale, anche se solo quale punto di riferimento operativo, e prima gli esperti di pubbliche relazioni online saranno in grado di dimostrare e monetizzare il loro valore ai clienti.

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